Potrebbe risultare difficile credere fino in fondo che ARETHEL racconti una storia vera, ma la particolarità di questo fumetto risiede proprio nella strana alchimia dei suoi elementi narrativi: due amici adolescenti, la cocaina e l'alcolismo, sette creature dei boschi dal carattere terribilmente umano, il viaggio per il recupero del senso della vita sfidando sette popoli, pericolosi non tanto per la loro malvagità quanto per l'assurdità dei loro comportamenti.
Fumetto apparentemente fantasy, di tale tipologia conserva solo pochi elementi essenziali come la struttura del cammino, che altro non è che ricerca interiore, o l'ambientazione fra boschi e luoghi al limite della favola; per il resto, "ARETHEL" presenta tratti
assolutamente originali dove il racconto, che si sviluppa fra il mondo fantastico e le incursioni nella vita reale dei protagonisti, viene interpretato dallo stile inconfondibile della matita di Andrea Domestici.
Primo dei tre libri che compongono l'intera saga, ed unico fra i
tre – per logica narrativa – ad essere interamente disegnato a matita, "Arethel cap. 1" introduce e prepara il lettore ad una avventura ricca di colpi di scena, in una alternanza di momenti drammatici, momenti di vero e proprio musical disegnato, sequenze
umoristiche ed altre particolarmente commoventi.
Un pezzo di specchio, una goccia d'acqua, il rovescio di una medaglia per avvicinarsi a Maahlox, sbaragliando i suoi pittoreschi eserciti fatti da ricconi biondi con la cravatta e il colletto della camicia alto, panciuti onnivori di ispirazione messicana e bassi e pelosi esseri sempre pronti ad alzare la voce.
Non tradire se stessi, il gusto per la vita, la capacità di vedere la gioia nel dolore da restituire a Manuel, per ricominciare a farlo vivere, per farlo ritornare.
E al fianco di Arethel sempre i buffi principi, che non abbiamo ancora cominciato ad amare che già iniziamo a perdere o forse veramente a trovare.
Superbia, Gola e Ira sono i temi del secondo libro di "Arethel".
Il viaggio questa volta è iniziato sul serio: i sette eserciti dei peccati capitali contro i sette principi dei sensi, e un unico eroe a fare da filo conduttore.
Forse troppo giovane per fare l'eroe.
E il Principe Senza Senso questo lo sa.
Nulla capita per caso, basta tenere alta la soglia dell'attenzione per scoprire che ciò che sembra fondamentale è forse solo un aspetto di qualcosa di più grande che sta accadendo.
Arethel sta portando avanti la sua missione. Iniziata come un'opera buffa e vissuta come un sogno, ora l'avventura diventa più complessa, con molteplici interpretazioni ed implicazioni.
Le atmosfere si fanno meno giocose, gli avversari più pericolosi e molto meno ridicoli. E mentre il Principe Senza Senso alza il tiro degli scontri, Arethel vive anche storie parallele non meno intense e non meno importanti.
'Ciao, M.' è il terzo ed ultimo capitolo della saga 'Arethel', dove tutto confluisce e tutto accade, e dove tutte le domande avranno una risposta tranne una, ma nessuno se ne accorge.
E quando il quesito si porrà di nuovo, non ci sarà più tempo per rispondere. La favola finisce: una favola troppo reale per terminare come una favola bella.
Il porco è in prima fila, in chiesa, proprio davanti alla bara di Manuel, e con la faccia di circostanza abbraccia addolorato amici e parenti. Nessuno gli dice niente, nessuno lo caccia, eppure tutti sanno che se Manuel si è ucciso a 18 anni è per colpa sua, perché lui, in fondo, ce l'ha idealmente spinto fuori quella finestra: lui, lo spacciatore di zona con la faccia da bravo ragazzo.
Martina, 17 anni, era la fidanzata di Manuel, e con Areteo Bazzini erano legati da una amicizia infrangibile, finché il porco non si è catturato Manuel e gli ha succhiato l'anima.
Areteo credeva di avere fatto tutto quanto fosse in suo potere per aiutare l'amico e come in un dejà vû ora guarda il muro della sua stanza e non capisce dove ha sbagliato, e pone domande, e cerca risposte.
Martina non si pone invece alcun interrogativo, non vuole risposte: sa solo che, anche se in ritardo e anche se non riavrà mai più Manuel, il porco, adesso, va eliminato. E ad eliminarlo sarà lei.
Come accadde ad Areteo, questa volta tocca a Martina incontrare i Principi dei Sette Sensi, i Sette Popoli dei Sette Peccati, i Picchiatelli, il Principe Senza Senso; ma a differenza di Areteo, lei non è disposta a credere e vuole correre da sola.
L'Appetito è una storia sul cibo, la sua abbondanza, la sua assenza. Il suo potere. Tra 1700 e 1800 a Parigi c'era un commercio molto particolare: quello degli avanzi alimentari. Questi, recuperati prima dalle cucine di Versailles, poi da ristoranti e cucine private dei nuovi ricchi, erano lo strumento grazie al quale lo Stato, con la connivenza della borghesia, controllava l'ordine pubblico sfruttando il mercato della fame. Nello stesso periodo, a Roma, la fame era appannaggio della Chiesa: si chiedeva in cambio del cibo l'iscrizione dell'anima ai registri delle parrocchie. Sono queste le coordinate storiche e geografiche entro cui – fra mercati maleodoranti, mense popolari parigine e viuzze di Roma – si muovono i protagonisti del romanzo: l'erede di una famiglia francese di venditori di avanzi e un miserabile parroco romano. L'autrice non si accontenta di raccontare la loro storia, la amplia e dialoga con il lettore attraverso una ricca rete di rimandi, fatti di note a margine e brevi stralci di un copione teatrale, a ricordarci le nostre responsabilità come spettatori di una lotta senza quartiere incentrata su potere e fame, e non ancora finita.
Dalla postfazione di Giorgio Pedrazzi:
…. Autopsia psicologica, forse da oggi apripista dell'innovativa tendenza a superare la trama, a schiodarsi dalla stessa in virtù dell'assoluta supremazia riservata alla psicologia dei personaggi, così da far dire che sono essi stessi "la trama".
……brillantemente rappresentata da Andrea Domestici nello stupendo adattamento che ha fatto de "La lezione di anatomia del dottor Tulp" di Rembrandt.
….. l'originalità irripetibile del suo "segno", tratto distintivo selezionato da un immaginario riscontrabile in pochissimi altri "colleghi", per essere goduto esige lenta e approfondita ri-lettura.