Formato: 15X21 Pagine: 90 Colore: B-N Caratteristiche: BROSSURA
Nel febbraio del 1976 vide la luce – in una soffitta in via del Pratello a Bologna – Radio Alice, una delle prime e più note radio libere d'Italia, che faceva della controinformazione, della poesia, della creatività e della libertà i suoi inamovibili pilastri. Una radio scomoda, ribelle, dissidente. La radio del diavolo, come fu chiamata e come ancora viene ricordata.
Questo saggio ripercorre la nascita, l'evoluzione e la tragica fine (con l'irruzione violenta della polizia nella sede e l'arresto dei redattori nei giorni in cui, durante i furiosi scontri che si ebbero nelle vie della città, venne ucciso lo studente Francesco Lorusso) di un'emittente che era qualcosa di più di una semplice radio: un'antesignana di quel modo di fare informazione che ai nostri giorni, con il web, ci appare cosa normale.
Radio Alice trasmette: musica, notizie, giardini fioriti, sproloqui, invenzioni scoperte, ricette, oroscopi, filtri magici, amori, bollettini di guerra, fotografie, messaggi, massaggi, bugie.
Mario Monicelli è stato uno dei più celebri e apprezzati registi italiani. Insieme a Dino Risi e Luigi Comencini, fu uno dei massimi esponenti della commedia all'italiana. Nella sua lunga carriera ha vinto numerosi premi cinematografici ed è stato candidato per sei volte al Premio Oscar. Nel 1991 ha ricevuto il Leone d'oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia.
Ci vorrebbe la rivoluzione! è un atto d'amore di Alessandro Ticozzi nei confronti del regista viareggino, oltre che un prezioso piccolo saggio che ne ripercorre la filmografia e l'analisi critica.
"Come finisce questo film? Non lo so. Io spero che finisca con una bella botta, una Rivoluzione che non c'è mai stata in Italia. C'è stata in Inghilterra, c'è stata in Francia, c'è stata in Russia, c'è stata in Germania… dappertutto, meno che in Italia. Quindi ci vuole qualche cosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto. Sono trecento anni che è schiavo di tutti e, quindi, se vuole riscattarsi non è una cosa semplice: è dolorosa, esige anche dei sacrifici, sennò vadano in malora, come già stanno andando da tre generazioni".
(Mario Monicelli)
Negli ultimi anni fortunatamente, e in un certo senso fatalmente, i riconoscimenti dell'importanza di Dino Risi e della sua filmografia si sono moltiplicati con una velocità impressionante. Sembrano davvero appartenere a un'altra epoca le pervicaci sottovalutazioni, il malcelato disprezzo e il paternalismo altezzoso che hanno accompagnato gran parte della carriera del più eclettico, il più incisivo e il più blasé dei maestri della commedia all'italiana (genere anch'esso recuperato con mille distinguo e robuste "disinfestazioni" dei suoi ipotetici peccati originali). Non sono poche, ormai, le monografie, le voci dei dizionari, le tesi di laurea e le rassegne che hanno proceduto con competenza e convinzione sulla strada aperta da precursori del calibro di Aprà, Codelli, Viganò e consolidata dal sottoscritto sull'abbrivio di una memorabile edizione del festival del Nuovo Cinema di Pesaro all'inizio degli anni Novanta.
A dire la verità, pur riconoscendo la modifica radicale della prospettiva critica e dell'inquadramento storico, sembra, però, che il nuovo Risi sia finito dritto nel solito scaffale di vaghezza cerimoniosa caro a qualche trasformista e quasi tutti i neofiti della critica. Ne consegue, così, la necessità di restare vigili affinché, a proposito della personalità del romanizzato regista milanese, i più giovani tra i cinefili e gli attuali spettatori non si ritrovino informati sommariamente e/o erroneamente o addirittura disinformati a bella posta in nome e per conto dei diktat di sterilizzazione progressistico-unanimistici.
Questo saggio scritto da Alessandro Ticozzi è un ottimo esempio della tendenza opposta: documentato, piano, equilibrato e, soprattutto, utile al semplice lettore così come allo specialista in quanto alieno dal gergo intimidatorio e dalle circonvoluzioni retoriche ampiamente in uso nella saggistica cinematografica di ieri, di oggi e di sempre.
(dalla Prefazione di Valerio Caprara)
È un viaggio nel cinema e nella vita di Ugo Tognazzi, questa nuova opera di Alessandro Ticozzi, una monografia, un pamphlet, un breve trattato sulla tematica del cibo nella produzione del grande attore e regista cremonese.
E, in calce, una serie di interessanti interviste ai figli (Ricky, Thomas, Gian Marco e Maria Sole) e ai colleghi più intimi di Tognazzi (Pupi Avati, Maurizio Costanzo, Ornella Muti, Ettore Scola) impreziosiscono questo piccolo volume, indispensabile per chi ama il buon cinema italiano.
E in questo libro, forse, una spiegazione nel ritratto di Ugo che l'autore ricostruisce attraverso le testimonianze, da qualche parte ritorna nel privato come in certe performance da attore. Sullo schermo come sul piano di marmo della sua leggendaria cucina, il vero buen retiro quando Ugo si metteva in fuga da un mondo che non gli piaceva più. Leggere per credere…
(dalla prefazione di Laura Delli Colli)
Formato: 11X17 Pagine: 44 Colore: B-N Caratteristiche: BROSSURA
"Un ladro di identità. Così Tomas amava definirsi. Chi conosce la sua storia e la sua arte sa di cosa stiamo parlando. Di preparazione, di psicologia, di immedesimazione, di concentrazione, di istinto, di verità. Tomas creava, viveva, sentiva il personaggio da interpretare: sentiva la sua anima, i battiti del suo cuore, sia che questi fosse un dittatore sudamericano. [...]
L'autore del saggio che vi apprestate a leggere sa bene tutto ciò ed ha voluto approfondire, con cognizione di causa, alcune interpretazioni dell'attore cubano che hanno lasciato il segno nel cinema d'autore italiano e statunitense. Lavori profondi, sentiti, quindi 'vissuti' dal protagonista, senza star troppo a pensare alle dimensioni delle parti o al primo nome sul cartellone. Tomas amava dare 'cazzotti' al proprio pubblico, amava sorprenderlo con le proprie interpretazioni dal singolare trasformismo."
(dalla prefazione di Giorgio Navarro)
Titolo
Sceneggiatore
IDENTIFICAZIONE DI UN ATTORE: IL CINEMA D'AUTORE DI TOMAS MILIAN
Formato: 15X21 Pagine: 100 Colore: B-N Caratteristiche: BROSSURA
L'11 agosto del 1676, Isabella Tomasi di Lampedusa (Suor Maria Crocifissa), dopo diciassette anni dal giorno in cui era entrata come novizia nel monastero benedettino di Palma di Montechiaro in provincia di Agrigento, scrisse la cosiddetta Lettera del diavolo. Quel giorno, ultimato il pranzo, era sola nella sua cella e aveva appena intinto la penna d'oca nel calamaio per scrivere una relazione al padre confessore, quando alcune entità cominciarono a manifestarsi. Voci forti, aspre e distorte, cercarono di imporle cosa scrivere sul foglio ancora bianco. Ingaggiò una lotta contro quelli che ritenne essere diavoli, ma questi ebbero la meglio. Suor Crocifissa cominciò a scrivere parole senza apparente senso compiuto. Riempì il foglio di strani e incomprensibili caratteri e svenne. Fu ritrovata dalle altre monache a terra, priva di sensi, con il lato sinistro del viso imbrattato d'inchiostro e nella mano sinistra il foglio fitto di segni oscuri e impenetrabili. Tutto questo fu ufficialmente documentato dalla relazione scritta all'epoca della badessa.
Ma cosa era successo veramente? Si trattava di semplici scarabocchi o di uno scritto di senso compiuto? E se sì, quale, e da parte di chi?
Stefano Nocentini, con stile chiaro e dettagliato, scrive un saggio che si legge come un romanzo, con il quale esamina a fondo un mistero che affascina ancora oggi, analizzando in profondità la figura di suor Maria Crocifissa e dei suoi familiari, delineando un preciso quadro storico dell'epoca, e valutando le risposte che nelle varie epoche si sono date a questo enigma.
Titolo
Sceneggiatore
LA LETTERA DEL DIAVOLO - La vera storia di Isabella Tomasi di Lampedusa
Formato: 15X21 Pagine: 59 Colore: B-N Caratteristiche: BROSSURA
Ho un ricordo piacevole della serata con i "tre tenori" Mike Bongiorno, Corrado e Raimondo Vianello in quanto c'era tanta gente a festeggiarli negli studi Mediaset di Milano per quell'ultima volta che si sono ritrovati insieme: erano tre amici e mi dispiace molto che siano scomparsi, ma del resto ciò è avvenuto in una logica anagrafica. A questa ne seguì un'altra al Teatro Parioli di Roma con Vittorio Gassman, Alberto Sordi e Monica Vitti. […] I "tre tenori" dell'epoca lasciano l'obbligo delle prove e della professionalità: in tal senso Mike era un pignolo meticoloso su ogni elemento. La televisione è fatta di piccole attenzioni che portano alla realizzazione di un valido programma: questo è l'insegnamento che lasciano. Adesso ci sono persone che vanno in televisione come se fosse una cosa normale: non lo è affatto, e loro lo sapevano. Infatti era proprio perché si preparavano che apparivano come se fossero tranquillamente arrivati in quel momento: solo la preparazione consente la disinvoltura davanti alla telecamera.
Dalla prefazione di MAURIZIO COSTANZO
Titolo
Sceneggiatore
MIKE, CORRADO E VIANELLO: IL CANTO DEL CIGNO DEI TRE TENORI
Formato: 15x21 Pagine: 62 Colore: B-N Caratteristiche: BROSSURA
Il Campionato mondiale di calcio del 1942 non è mai stato riconosciuto dagli organi ufficiali dello sport ed è rimasto per innumerevole tempo avvolto nella leggenda. Si è davvero svolto? Oppure ciò che si conosce, tramandato oralmente, è pura fantasia? In bilico tra realtà e mito, con la drammaticità della guerra e la storia del XX secolo sullo sfondo, questo libro ci racconta come si svolsero i fatti. Reali o inventati che siano…
Indios Mapuche, squadre composte da missionari, portieri ipnotizzatori, giocatori circensi, arbitri che si presentano in campo con sombrero e pistole, donne fatali, amori impossibili, tentativi di corruzione, improbabili cineoperatori, furti della coppa e una bufera finale che spazza via tutto… siete pronti a questo epico viaggio?
Alessandro Ticozzi, parafrasando il titolo di un celebre film di Florestano Vancini, seleziona alcune pellicole della sterminata filmografia di Salerno – quelle certamente più rappresentative – e le analizza compiutamente con dovizia di particolari, ma ponendo anche l'accento sulla sua "decadenza" artistica che inevitabilmente coincide con quella del cinema italiano, ormai incapace di esprimersi come un tempo sapeva fare. Ora attendiamo soltanto che in un futuro non troppo lontano l'opera di Enrico Maria Salerno sia studiata dal primo all'ultimo lavoro. E potrebbe farlo proprio Ticozzi. Intanto godiamoci questo Le stagioni del nostro impegno, un saggio che mancava.
Dalla prefazione di Roberto Poppi
La commedia sexy all'italiana (detta anche scollacciata o erotica) è un sottogenere della commedia all'italiana. Imperversò dagli anni '70 fino ai primi anni '80 quando gradualmente si spense fino a scomparire, nonostante alcuni tentativi andati a vuoto, negli anni a venire, di rivitalizzarla. Parliamo di un genere cinematografico che ebbe grande successo in Italia, riempì i cinema e riscosse ottimi incassi. La commedia sexy, che presentava numerosi sotto-filoni (come il decamerotico, la variante femminile del poliziottesco, lo scolastico, il militare, il barzelletta movie e altri) era caratterizzata da sceneggiature più o meno semplici che avevano il fine ultimo di mostrare le prosperose grazie della bella di turno. Queste pellicole, da sempre snobbate da certa critica, sono state sdoganate negli ultimi anni (grazie anche al Festival di Venezia che nel 2004 ha presentato una retrospettiva italiana dedicata al cinema di serie B), fino a vivere una seconda giovinezza e a essere considerate in alcuni casi film cult.
Molti e importanti registi si impegnarono in questo genere di film: Gordiano Lupi, con un'attenta e approfondita analisi, ne ripercorre le tappe cinematografiche, tra descrizioni delle trame, aneddoti, ricordi: un tuffo nel passato, per tornare a un tipo di cinema e a un'Italia che non esistono più.