Mario Monicelli è stato uno dei più celebri e apprezzati registi italiani. Insieme a Dino Risi e Luigi Comencini, fu uno dei massimi esponenti della commedia all'italiana. Nella sua lunga carriera ha vinto numerosi premi cinematografici ed è stato candidato per sei volte al Premio Oscar. Nel 1991 ha ricevuto il Leone d'oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia.
Ci vorrebbe la rivoluzione! è un atto d'amore di Alessandro Ticozzi nei confronti del regista viareggino, oltre che un prezioso piccolo saggio che ne ripercorre la filmografia e l'analisi critica.
"Come finisce questo film? Non lo so. Io spero che finisca con una bella botta, una Rivoluzione che non c'è mai stata in Italia. C'è stata in Inghilterra, c'è stata in Francia, c'è stata in Russia, c'è stata in Germania… dappertutto, meno che in Italia. Quindi ci vuole qualche cosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto. Sono trecento anni che è schiavo di tutti e, quindi, se vuole riscattarsi non è una cosa semplice: è dolorosa, esige anche dei sacrifici, sennò vadano in malora, come già stanno andando da tre generazioni".
(Mario Monicelli)
Negli ultimi anni fortunatamente, e in un certo senso fatalmente, i riconoscimenti dell'importanza di Dino Risi e della sua filmografia si sono moltiplicati con una velocità impressionante. Sembrano davvero appartenere a un'altra epoca le pervicaci sottovalutazioni, il malcelato disprezzo e il paternalismo altezzoso che hanno accompagnato gran parte della carriera del più eclettico, il più incisivo e il più blasé dei maestri della commedia all'italiana (genere anch'esso recuperato con mille distinguo e robuste "disinfestazioni" dei suoi ipotetici peccati originali). Non sono poche, ormai, le monografie, le voci dei dizionari, le tesi di laurea e le rassegne che hanno proceduto con competenza e convinzione sulla strada aperta da precursori del calibro di Aprà, Codelli, Viganò e consolidata dal sottoscritto sull'abbrivio di una memorabile edizione del festival del Nuovo Cinema di Pesaro all'inizio degli anni Novanta.
A dire la verità, pur riconoscendo la modifica radicale della prospettiva critica e dell'inquadramento storico, sembra, però, che il nuovo Risi sia finito dritto nel solito scaffale di vaghezza cerimoniosa caro a qualche trasformista e quasi tutti i neofiti della critica. Ne consegue, così, la necessità di restare vigili affinché, a proposito della personalità del romanizzato regista milanese, i più giovani tra i cinefili e gli attuali spettatori non si ritrovino informati sommariamente e/o erroneamente o addirittura disinformati a bella posta in nome e per conto dei diktat di sterilizzazione progressistico-unanimistici.
Questo saggio scritto da Alessandro Ticozzi è un ottimo esempio della tendenza opposta: documentato, piano, equilibrato e, soprattutto, utile al semplice lettore così come allo specialista in quanto alieno dal gergo intimidatorio e dalle circonvoluzioni retoriche ampiamente in uso nella saggistica cinematografica di ieri, di oggi e di sempre.
(dalla Prefazione di Valerio Caprara)
È un viaggio nel cinema e nella vita di Ugo Tognazzi, questa nuova opera di Alessandro Ticozzi, una monografia, un pamphlet, un breve trattato sulla tematica del cibo nella produzione del grande attore e regista cremonese.
E, in calce, una serie di interessanti interviste ai figli (Ricky, Thomas, Gian Marco e Maria Sole) e ai colleghi più intimi di Tognazzi (Pupi Avati, Maurizio Costanzo, Ornella Muti, Ettore Scola) impreziosiscono questo piccolo volume, indispensabile per chi ama il buon cinema italiano.
E in questo libro, forse, una spiegazione nel ritratto di Ugo che l'autore ricostruisce attraverso le testimonianze, da qualche parte ritorna nel privato come in certe performance da attore. Sullo schermo come sul piano di marmo della sua leggendaria cucina, il vero buen retiro quando Ugo si metteva in fuga da un mondo che non gli piaceva più. Leggere per credere…
(dalla prefazione di Laura Delli Colli)
Alessandro Ticozzi, parafrasando il titolo di un celebre film di Florestano Vancini, seleziona alcune pellicole della sterminata filmografia di Salerno – quelle certamente più rappresentative – e le analizza compiutamente con dovizia di particolari, ma ponendo anche l'accento sulla sua "decadenza" artistica che inevitabilmente coincide con quella del cinema italiano, ormai incapace di esprimersi come un tempo sapeva fare. Ora attendiamo soltanto che in un futuro non troppo lontano l'opera di Enrico Maria Salerno sia studiata dal primo all'ultimo lavoro. E potrebbe farlo proprio Ticozzi. Intanto godiamoci questo Le stagioni del nostro impegno, un saggio che mancava.
Dalla prefazione di Roberto Poppi
"Lo stile di Comencini era anche graffiante e sorprendente, mantenendo sempre al contempo uno sguardo molto personale: venendo al tema del saggio di Ticozzi, questo consente di notare come nell'eclettismo di Comencini - un artigiano che ha lavorato su diversi materiali e generi cinematografici, come amava definirsi - ci sia tuttavia una visione del mondo che è davvero riconoscibile e personale." (dalla prefazione di Giulio Manfredonia)
Formato: 11x17 Pagine: 70 Colore: b-n Caratteristiche:
Arnoldo Foà è un grandissimo artista: prestigiosa la sua carriera di teatro, enorme la sua filmografia (oltre 100 le pellicole che lo riguardano), importante il suo percorso di doppiatore. Alessandro Ticozzi ha deciso di dedicargli questo saggio, che indaga e rivive la sua carriera d'attore sul grande schermo, tramite le sue migliori interpretazioni. E, in calce, una serie di interessanti testimonianze (da Alessandro D'Alatri a Ettore Scola, passando per Giuseppe Ferrara e tanti altri colleghi), rende questo volume uno strumento indispensabile per gli amanti e gli studiosi del cinema italiano.
Arnoldo Foà lo seguo da una vita. […] Mi ha fatto perciò molto piacere constatare che gli si dedicava un saggio grazie alle cure, alla valida attenzione critica e alle competenze specifiche di Alessandro Ticozzi, cui debbo di aver potuto leggere in anteprima le pagine che seguono e che mi trovano d'accordo da ogni punto di vista.
Sono una disamina precisa, informata, esauriente, sempre sorretta nei giudizi critici da un gusto così sicuro che sento di poterlo condividere senza riserve. Come condivido, appunto, e lodo, l'idea di consacrare a Foà un intero volume rappresentativo dei suoi cento film. Ci mancava, era tempo che vi si pensasse.
(dalla prefazione di Gian Luigi Rondi)